Commento a T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 22 aprile 2020, n. 671, di Lorenzo Spallino
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Istanza di sanatoria e ordinanza di demolizione
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Lorenzo Spallino
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12:55 PM
domenica 7 giugno 2020
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#PA,
Abusi edilizi,
Accertamento di conformità,
Sanatoria paesaggistica,
Sanzioni edilizie
Qual'è la sorte dell'ordinanza di demolizione quando sia presentata domanda di sanatoria? Il T.A.R. Lombardia consolida il proprio orientamento secondo cui la circostanza produce l’effetto di rendere inefficace l’ordinanza di demolizione delle opere abusive e, quindi, improcedibile l’impugnazione della stessa per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione, ma la giurisprudenza appare fortemente divisa sul punto, compresa quella del Consiglio di Stato.
Abusi edilizi e rilevanza del decorso del tempo: una "terza via"?
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Fabrizio Donegani
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3:38 PM
giovedì 3 agosto 2017
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Abusi edilizi,
Affidamento del privato,
D.P.R. 380/2001,
Edilizia,
L. 241/1990,
Sanzioni edilizie
Con sentenza 30 giugno 2017, n. 3210, il Consiglio di Stato dichiara la legittimità di un'ordinanza di demolizione intervenuta a decenni di distanza dalla realizzazione dell'immobile abusivo, affermando l'irrilevanza del decorso del tempo dalla commissione dell'abuso nei confronti del potere repressivo della P.A., potendo al più rilevare (al fine di esigere dall'Amministrazione una motivazione aggravata del provvedimento) il tempo trascorso dall'accertamento dell'abuso alla notifica dell'ordinanza di demolizione.
Nel silenzio della legge (cfr. in particolare artt. 27 e 31 D.P.R. n. 380/2001), che nulla dice al riguardo, il decorso del tempo dalla realizzazione dell'abuso non sana né mitiga l'abusività dell'opera e non scalfisce in alcun modo il potere sanzionatorio riconosciuto alla P.A., espressione di un interesse pubblico al ripristino della legalità violata, che deve ritenersi legittimamente esercitabile anche a distanza di anni dalla costruzione del manufatto abusivo, fosse anche nella misura di alcuni decenni.
Alla luce di ciò, giurisprudenza amministrativa tuttora maggioritaria ritiene che un'ordinanza di demolizione di manufatto realizzato in epoca risalente non necessiti di forme o motivazioni particolari, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso, sicché il provvedimento può legittimamente limitarsi ad indicare l'opera e l'assenza di titolo abilitativo alla sua realizzazione per comminare la sanzione demolitoria (ex multis Cons. Stato, IV, 12 ottobre 2016, n. 4205; ib., VI, 10 settembre 2015, n. 4222).
Negli ultimi anni si è tuttavia fatto strada un orientamento che, nel caso di abusi risalenti nel tempo, su porzioni limitate dell'immobile, realizzati da soggetto diverso dall'attuale proprietario di buona fede, richiede, pur senza negare la natura vincolata del provvedimento repressivo e l'attualità dell'abuso, che l'ordinanza di demolizione sia motivata sotto lo specifico profilo della sussistenza dell'interesse pubblico alla messa in pristino dello stato dei luoghi.
In tali “casi limite” non sarebbe pertanto sufficiente la presa d'atto dell'abuso per giustificarne la demolizione, ma occorrerebbe dare atto della prevalenza, nella situazione specifica, di un interesse generale al ripristino rispetto al contrapposto interesse privato al mantenimento del manufatto, forte dell'affidamento ingenerato dal trascorrere del tempo senza alcuna contestazione sulla legittimità dell'opera e dalla buona fede dell'attuale proprietario, estraneo alla realizzazione dell'abuso (Cons. Stato, IV, 4 febbraio 2014 n. 1016; ib., V, 15 luglio 2013, n. 3847; ib., VI, 5 gennaio 2013, n. 13; ib., VI, 18 maggio 2015, n. 2512; TAR Calabria, sede di Catanzaro, I, 14 ottobre 2011, n. 1356, commentata a questo indirizzo).
Da ultimo, la sezione VI del Consiglio di Stato, preso atto dei due differenti orientamenti emersi e ritenendo sussistere un contrasto giurisprudenziale sul tema, ha rimesso la questione all'Adunanza Plenaria (Cons. Stato, VI, ord. 24 marzo 2017, n. 1337, citata in questo commento).
Sinteticamente esposti i termini del dibattito tuttora in atto, la pronuncia qui in esame si distingue per aver aggiunto un nuovo spunto di riflessione al tema.
La vicenda riguarda l'impugnazione di un'ordinanza di demolizione di una tettoia abusivamente realizzata negli anni Settanta dal precedente proprietario dell'immobile, di cui viene dedotta l'illegittimità, tra l'altro, per la mancata indicazione dell'interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione dell'opera.
Il Collegio, dichiarando espressamente di aderire all'orientamento secondo cui “la risalenza nel tempo dell'opera, di per sé, non incide sul potere di repressione dell'abuso da parte della P.A., sicché in sede di emissione dell'ordinanza di demolizione non si richiede alcuna specifica valutazione delle ragioni d'interesse pubblico (…)”, aggiunge tuttavia un'importante specificazione.
Ossia che “il passaggio del tempo eventualmente rilevante al fine di esigere una motivazione rafforzata, estesa all'interesse pubblico, va calcolato tutt'al più con riferimento al 2010, ossia all'epoca del sopralluogo effettuato dalla Polizia municipale, in occasione del quale venne effettivamente rilevata la realizzazione del manufatto”.
Non sarebbe quindi il protrarsi negli anni della situazione abusiva ad ingenerare l'affidamento del privato che in buona fede la ignorava, quanto piuttosto il protrarsi dell'inerzia dell'Amministrazione, a seguito dell'accertamento dell'abuso, ad attivare il potere repressivo.
Solo al ricorrere di tale seconda eventualità, secondo la pronuncia in rassegna, potrebbe ritenersi sussistente un affidamento del privato, tutelabile a mezzo di un onere motivazionale aggravato in capo alla P.A., chiamata a dare conto dell'attualità e concretezza dell'interesse pubblico alla demolizione.
Nel caso di specie, il decorso di cinque anni dal momento in cui l'abuso è stato accertato a quello in cui è stata emanata l'ordinanza di demolizione non è, ad avviso del Collegio, sufficiente a far sorgere in capo al privato un affidamento tutelabile.
Tra l'opzione che dà rilevanza al tempo trascorso dall'abuso e quella che la nega, la presente sentenza sembra indicare una terza soluzione, in cui il decorso del tempo ha un rilievo, ma a partire dal momento in cui la situazione di illegalità viene cristallizzata (per la P.A. e per il privato) nel verbale di sopralluogo che accerta l'abuso.
La sentenza del Consiglio di Stato 30 giugno 2017, sezione VI, n. 3210, è disponibile al seguente link
Demolizione del manufatto abusivo: sanzione amministrativa anche se comminata dal giudice penale
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Fabrizio Donegani
alle
2:54 PM
mercoledì 25 maggio 2016
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Abusi edilizi,
Edilizia,
Sanzioni edilizie,
Testo Unico Edilizia
Con sentenza 10 marzo 2016, n. 9949, la terza sezione penale della Corte di Cassazione statuisce che la demolizione del manufatto abusivo,
anche quando disposta dal giudice penale ai sensi dell'art. 31, co. 9, Testo Unico dell'Edilizia, ha
natura di sanzione amministrativa con finalità ripristinatoria del bene
giuridico leso (il territorio) e non punitiva/repressiva. L'ordine di demolizione non può quindi ritenersi una sanzione penale nel senso individuato dalla
giurisprudenza della Corte EDU e non è quindi soggetta ad alcun termine prescrizionale.
Abusi edilizi: non basta la segnalazione orale per attivare il silenzio dell'A.C.
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Jesus Cortinovis
alle
2:50 PM
martedì 10 luglio 2012
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SCIA
Con sentenza n. 1075 del 12 aprile 2012, il T.A.R. Lombardia ha statuito che per reprimere un abuso edilizio, derivante da una D.I.A. o da una S.C.I.A., non è sufficiente una semplice segnalazione orale alla P.A. competente. E' invece necessario depositare una formale denuncia, munita degli elementi minimi (forma scritta, indicazione della lamentata illegittimità dell’intervento edilizio, richiesta di esercizio del potere/dovere di verifica e di eventuale repressione). In difetto, il silenzio dell'A.C. non è censurabile ai sensi dell'art. 31 c.p.a..
Abusi edilizi e sanzioni ripristinatorie: effetti del decorso del tempo
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Jesus Cortinovis
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7:00 AM
mercoledì 14 dicembre 2011
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Legge 241/1990,
Sanzioni edilizie
Se di regola l’ingiunzione di demolizione "non richiede una particolare motivazione volta ad evidenziare le specifiche ragioni di pubblico interesse che impongono di dar corso all'ordine di demolizione o a comparare tale interesse pubblico con il sacrificio imposto al privato in quanto la repressione degli abusi edilizi costituisce un preciso obbligo dell'Amministrazione", la medesima repressione disposta "a distanza di tempo ragguardevole, richiede una specificazione della motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi".
In tal senso si è espresso il TAR Calabria, sede di Catanzaro, sez I, nella sentenza n. 1356 depositata il 14 ottobre 2011.
In tal senso si è espresso il TAR Calabria, sede di Catanzaro, sez I, nella sentenza n. 1356 depositata il 14 ottobre 2011.
Ordine di demolizione: anche il proprietario non responsabile patisce la confisca del bene
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Lorenzo Spallino
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12:53 PM
giovedì 23 giugno 2011
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Abusi edilizi,
Sanzioni edilizie
Invocando il fatto che "l’inottemperanza integra, infatti, un illecito diverso ed autonomo dalla commissione dell'abuso edilizio, del quale può rendersi responsabile anche il proprietario, qualora risulti che abbia acquistato o riacquisito la disponibilità del bene e non si sia attivato per dare esecuzione all'ordine di demolizione, o qualora emerga che, pur essendo in grado di dare esecuzione all'ingiunzione, non vi abbia comunque provveduto", con sentenza n. 1059/2011 il TAR Veneto ha tracciato una nuova linea applicativa dell'articolo 31 del T.U. dell'Edilizia, più rigida della precedente, affermando che il proprietario va esente da responsabilità non in ogni caso di abuso edilizio compiuto da terzi, "ma nella sola ipotesi in cui il proprietario non abbia la possibilità di ottemperare direttamente all'ordine di demolizione, per essere il bene nella disponibilità esclusiva dell'autore dell'abuso", poiché diversamente "si consentirebbe a chiunque di eludere la sanzione alienando il bene".
Ordinanza di demolizione: impresa e d.l. non sono legittimati a impugnarla.
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Lorenzo Spallino
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8:32 AM
domenica 20 febbraio 2011
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Abusi edilizi,
Sanzioni edilizie,
Testo Unico Edilizia
Con sentenza breve n. 484 depositata in cancelleria il 10 febbraio 2011, la sezione seconda del TAR Lombardia, Milano, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da impresa e direzione lavori nei confronti di un ordine di demolizione e rimessione in pristino ex art. 31 T.U. Edilizia a seguito dell'abusiva realizzazione di una piscina, in luogo di autorizzato laghetto decorativo, all'interno di fascia di rispetto cimiteriale. Mentre i proprietari avevano presentato ricorso autonomo sia avverso il diniego di sanatoria che la successiva ordinanza di demolizione, impresa costruttrice e direzione lavori, si erano determinati a impugnare la seconda successivamente alla condanna ricevuta in sede penale, nell'ottica dell'impugnativa di questa.
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