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Distanze in edilizia: interesse all'impugnazione e decorrenza dei termini per ricorrere

Il Consiglio di Stato consolida l'orientamento secondo il quale, in tema di distanze, la ^vicinitas^ non rappresenta di per sé un dato decisivo per fondare l'interesse ad impugnare mentre il termine entro il quale proporre ricorso va calcolato a partire dall'inizio dei lavori e non dalla loro ultimazione.

Commento a Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 7 febbraio 2020 n. 962, disponibile su #PA all'indirizzo https://www.dirittopa.it/it/interventi/edilizia/distanze-in-edilizia-interesse-all-impugnazione-e-decorrenza-dei-termini-per-ricorrere/

Recupero dei sottotetti e distanze dai confini

La Corte d'Appello di Milano, confermando il Tribunale di Lecco, afferma che il recupero dei sottotetti effettuati ai sensi della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 è soggetto al rispetto della distanza dai confini nella misura prevista dal Piano di Governo di Territorio, nonostante la legge regionale disponga che detti interventi siano ammessi "in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale vigenti ed adottati".

Il commento alla sentenza della Corte d'Appello di Milano n. 2952 del 23 agosto 2018, è disponibile su #PA all'indirizzo https://www.dirittopa.it/it/interventi/edilizia/recupero-sottotetti-e-distanze-dai-confini/.

Distanze tra edifici: qualcosa può cambiare.

E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 17 giugno 2019  la legge 14 giugno 2019, n. 55, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici.

L’art. 5 della legge di conversione del dl n. 32/2019, prevede che l’articolo 2-bis del Testo Unico dell'Edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) veda aggiunti i commi 1bis e 1ter dopo il comma 1.

Il nuovo articolo 2bis del TU dell'Edilizia (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati) è quindi così riscritto:
1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.
1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.
L’art. 5 della legge di conversione del dl n. 32/2019, prevede altresì:
"che le disposizioni di cui all’articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9", 
ossia alle zone C, per le quali è
"prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12".
Nella seduta del 17 giugno 2019 la Giunta regionale della Lombardia ha approvato una proposta di progetto di legge per la rigenerazione urbana e territoriale e il recupero del patrimonio edilizio.

La proposta, intitolata “Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonche’ per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali”, prevede all'art. 4, comma 1, lettera j), che all’articolo 103, comma 1 bis, siano aggiunte, in fine, le seguenti parole:
“e in ambiti oggetto di pianificazione unitaria con previsioni planivolumetriche comunque autorizzata.”,
al fine di prevedere  "l’estensione della possibilità di deroga alle distanze di cui al DM1444/68 a tutti gli ambiti oggetto di pianificazione unitaria con previsioni planivolumetriche (ad esempio i permessi di costruire convenzionati) e non solo ai piani attuativi" (cit. relazione).

Il che a significare che il nuovo testo dell'art. 103 (Disapplicazione di norme statali) della legge regionale n. 12/2005 potrebbe essere così riscritto:
1. [omissis]
1-bis. Ai fini dell’adeguamento, ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti, non si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), fatto salvo, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, il rispetto della distanza minima tra fabbricati pari a dieci metri, derogabile all’interno di piani attuativi e in ambiti oggetto di pianificazione unitaria con previsioni planivolumetriche comunque autorizzata.
1-ter. Ferme restando le distanze minime di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile, fuori dai centri storici e dai nuclei di antica formazione la distanza minima tra pareti finestrate, di cui al comma 1 bis, è derogabile per lo stretto necessario alla realizzazione di sistemi elevatori a pertinenza di fabbricati esistenti che non assolvano al requisito di accessibilità ai vari livelli di piano.

Fascia di rispetto cimiteriale: nozione di "centro abitato"

Con sentenza 23 maggio 2017, n. 329, il T.A.R. del Lazio, sezione di Latina, interviene in tema di vincolo cimiteriale, affermando che la fascia di rispetto prevista dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 deve essere osservata non solo nei confronti del centro abitato (come letteralmente previsto dalla norma), ossia di aggregati di abitazioni, ma anche nei confronti di singole abitazioni, in coerenza con la ratio  della norma, che è quella di tutelare la salute delle persone insediate in prossimità di cimiteri.

Sanatoria paesaggistica e distanze ex art. 9 d.m. 1444/1968: la traslazione di volumi verso l'alto può non rilevare

La traslazione verso l’alto di volume esistente, se rileva come dato estetico, non costituisce ostacolo alla regolarizzazione ex art. 167 comma 4-a del Dlgs. 22 gennaio 2004 n. 42, qualora si accerti che la superficie e la volumetria utili non sono aumentate (o sono aumentate soltanto nella misura consentita dall’ampliamento).

Antenne: esclusa la distanze dai confini

Gli impianti di telecomunicazione - ove siano costituiti dal solo “impianto fuori terra” e non risultino costituiti da “ulteriori opere edilizie che abbiano rilevante valore edilizio-urbanistico essendo quelle già compiute interrate” - non sono soggette all’applicazione della normativa sulle distanze previste per i manufatti edilizi. 

Distanze in edilizia: il repertorio disponibile anche su Calaméo

La raccolta di giurisprudenza "Distanze in edilizia" è disponibile anche su Calaméo, a questo indirizzo.



Distanze in edilizia: repertorio di giurisprudenza

E' disponibile alla pagina http://www.studiospallino.it/materiali/distanze_edilizia.htm un repertorio giurisprudenziale in materia di regime delle distanze in edilizia, con particolare attenzione alla applicazione del d.m. 1444/1968, art. 9.

Distanze: le porte finestre non sono vedute e solo il proprietario frontista può contestare la violazione

Il Consiglio di Stato conferma che la regola del rispetto della distanza dei dieci metri, di cui all'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, deve intendersi riferita unicamente a pareti frontistanti munite di finestre qualificabili come vedute e non a quelle in cui sono collocate aperture che a norma dell'art. 901 ss. c.c. danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino (cd. finestre lucifere).

Distanze: non si calcola con riferimento a manufatti abusivi

Con sentenza n. 3968 del 21 agosto 2015, la sezione IV del Consiglio di Stato, ritorna sul punto della rilevanza, o meno, dell'abusività di un manufatto ai fini delle distanze, rafforzando l'indirizzo secondo cui la presenza di un manufatto abusivo a distanza dall'erigendo fabbricato sul fondo del confinante non può assumere a elemento impeditivo al rilascio del titolo.

Minori distanze per risparmio energetico: non esiste un "diritto" alla deroga

Con sentenza n. 206 del 14 maggio 2015 il TAR Abruzzo, Pescara, interviene in materia di deroga alla normativa sulle distanze tra costruzioni affermando che l'applicazione della normativa speciale in materia di risparmio energetico non è ^automatica^ e che invece spetta al Comune valutare se esista la possibilità di ottenere i medesimi risultati energetici senza gravare sulle posizioni giuridiche di chi subisce la maggiore altezza e/o i minori distacchi.

Infrastrutture di telecomunicazioni: sono tenute al rispetto delle distanze previste dai regolamenti locali

Jesus Cortinovis
Consiglio di Stato n. 2521  del 19/05/2014: pur essendo le infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici soggette ad una disciplina unitaria del procedimento autorizzatorio, restano, in ogni caso, nuova costruzione che introducono trasformazione edilizia e urbanistica del territorio. Come tali sono soggette al rispetto dei regolamenti edilizi in materia di distanza delle costruzioni, dal confine e da altri fabbricati, non potendo questo elemento essere inteso come un indebito limite all’espansione della rete di telecomunicazione. 

Distanze tra edifici: sono nulli gli accordi in deroga tra privati

Avv. Lorenzo Spallino
Con sentenza n. 964 del 27 maggio 2014 il Tribunale di Como interviene in tema di distanze tra fabbricati inferiori, per accordo delle parti, a quelle fissate "inderogabilmente" dalle NTA dello strumento urbanistico, evidenziando la nullità delle relative pattuizioni.
La sentenza non cita il disposto dell'art. 9 del d.m. 1444/1968: purtuttavia, si deve ritenere che l'inderogabilità della distanza fissata in 10 metri dallo strumenti urbanistico locale tragga la sua fonte dalla normativa nazionale, non potendovisi distaccare.

La decisione puntualizza anche che a nulla vale immaginare un corpo di collegamento tra gli edifici costituito da una tettoia o da un pergolato: un simile manufatto non contribuisce infatti "a trasformare due distinti fabbricati in un unico blocco".

La sentenza n. 964 del 27 maggio 2014 il Tribunale di Como è disponibile in formato pdf a questo indirizzo.

Distanze tra edifici: la Corte Costituzionale ribadisce l'inderogabilità dell'art. 9 D.M. 1444/1968

La Corte Costituzionale ribadisce, ove fosse necessario, che le disposizioni del D.M. 1444/1968 in materia di distanze contengono limiti precettivi e inderogabili per i legislatori regionali, che pertanto non posso fissare distanze diverse nel senso di meno restrittive.

Con legge 4 settembre 1979, n. 31 (B.u.r. 8 settembre 1979, n. 49) la Regione Marche introdusse, "per gli edifici aventi impianto edilizio preesistente, compresi nelle zone di completamento con destinazione residenziale previste dagli strumenti urbanistici generali comunali approvati", la possibilità di consentire "ampliamenti alle case a un piano fuori terra e alle costruzioni che, avuto riguardo alla struttura edilizia esistente e agli edificicircostanti, presentano evidenti caratteristiche di non completezza" (art. 1, comma 1).

Gli ampliamenti erano consentiti "anche in deroga alle distanze e/o al volume stabiliti per le suddette zone territoriali omogenee dal DM 2-4-1968, n. 1444, ferma restando la dotazione minima inderogabile per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio " (art. 1, comma 2).

La Corte di cassazione, sezione seconda civile - investita della domanda di accertamento della violazione delle distanze legali, rigettata in sede di primo e secondo grado, con la quale i ricorrenti presso la Corte di cassazione avevano chiesto la condanna della controparte ad arretrare e dunque a demolire l’ampliamento di un edificio realizzato da quest’ultima - con ordinanza depositata il 29 dicembre 2011 e iscritta al n. 177 del registro ordinanze 2012 della Corte Costituzionale, ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale del secondo comma della disposizione, con riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, ritenendo 
che tale normativa sia in contrasto con l’art. 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), che fissa una distanza minima tra gli edifici, commisurandola alla dimensione delle strade e consentendo tuttavia l’edificazione a distanze inferiori «nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche».
In linea di principio - afferma il Giudice delle Leggi - la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell’ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale; alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio.

Se da un lato non può quindi essere del tutto esclusa una competenza legislativa regionale relativa alle distanze tra gli edifici, dall’altro essa, interferendo con l’ordinamento civile, questa "è rigorosamente circoscritta dal suo scopo – il governo del territorio – che ne detta anche le modalità di esercizio", così che
la legislazione regionale che interviene in tale ambito è legittima solo in quanto persegue chiaramente finalità di carattere urbanistico, rimettendo l’operatività dei suoi precetti a «strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio» (sentenza n. 232 del 2005).
mentre
Le norme regionali che, disciplinando le distanze tra edifici, esulino da tali finalità, ricadono illegittimamente nella materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Il punto di equilibrio tra le due competenze è fissato nell’ultimo comma dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 ("Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche", che la Corte ha più volte ritenuto dotato di «efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato» (sentenza n. 114 del 2012; ordinanza n. 173 del 2011; sentenza n. 232 del 2005).

Quest’ultima disposizione consente che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, solo «nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche».

Le deroghe all’ordinamento civile delle distanze tra edifici sono, dunque, consentite nei limiti ora indicati, se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio.

Va da sè, in conclusione, che la norma della Regione Marche infrange i principi sopra ricordati, in quanto 

  1. consente espressamente ai Comuni di derogare alle distanze minime fissate nel d.m. n. 1444 del 1968, senza rispettare le condizioni stabilite dall’art. 9, ultimo comma, del medesimo decreto ministeriale, che, come si è detto, esige che le deroghe siano inserite in appositi strumenti urbanistici, a garanzia dell’interesse pubblico relativo al governo del territorio;
  2. autorizza i Comuni ad «individuare gli edifici» dispensati dal rispetto delle distanze minime.
La deroga non risulta, dunque, ancorata all’esigenza di realizzare la conformazione omogenea dell’assetto urbanistico di una determinata zona, ma può riguardare singole costruzioni, anche individualmente considerate.

Da ciò, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge regionale Marche n. 31 del 1979 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, in quanto eccede la competenza regionale concorrente del «governo del territorio», violando il limite dell’«ordinamento civile», di competenza legislativa esclusiva dello Stato.


La sentenza 23 gennaio 2013, n. 6, della Corte Costituzionale è disponibile sul sito della Corte a questo indirizzo.

Distanze sottotetti: è derogata la norma locale dal confine

Con ordinanza 23 novembre 2012 emessa nel ricorso ex artt. 1170 c.c. / 703 c.p.c. n. 359/11 R.G. Cont., il Tribunale di Como, sezione distaccata di Menaggio, ha messo un punto fermo su una circostanza pacifica per gli operatori di diritto ma non per le pubbliche amministrazioni. Ossia che l’intervento di recupero del sottotetto esistente, autorizzato ai sensi della l.r. 12 del 2005, essendo “ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale vigenti ed adottati” (art. 64, c. II), se non deroga alle distanze di cui al D.M. 1444/1968, articolo 9, deroga invece alle locali distanze dai confini. 

D.M. 1444/1968: la distanza pari all'altezza del fabbricato si applica solo nelle zone C

L'art. 9 del D.M. 1444/1968 stabilisce che
qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.
La compilazione del testo può trarre in inganno: la disposizione sembra infatti essere di chiusura dell'intero corpo dell'articolo 9 ("come sopra computate"), riferentesi pertanto tanto alle distanze imposte tra edifici collocati nella medesima zona omogenea (primo comma) quanto agli edifici tra i quali, indipendentemente dalla zona omogenea cui appartengono, corra viabilità pubblica.

Sottotetti e distanze: la Corte Costituzionale ribadisce l'obbligatorietà del rispetto dell'art. 9 D.M. 1444/1968

Con sentenza n. 173 dell'11 maggio 2011 la Corte Costituzionale ha rigettato la questione di incostituzionalità dell'articolo 64, c. 2°, della legge della Regione Lombardia 11/03/2005, n. 12, come sostituito dall'art. 1, c. 1°, lett. d), della legge della Regione Lombardia 27/12/2005, n. 20, sollevata dal Tribunale di Brescia.

Il Tribunale rilevava che se si dovesse, come impone l'articolo 64 in questione, qualificare ^ristrutturazione^ la realizzazione di sottotetti anche quando la modificazione della sagoma dell'edificio preesistente comportasse una diminuzione delle distanze da edifici esistenti inferiore a quella di cui al D.M. 1444/1968, art. 9, ciò si risolverebbe nella disaplicazione di una normativa di rango superiore quale, per l'appunto, il D.M. 1444, nonché lo stesso Testo Unico dell'Edilizia, per il quale la ristrutturazione edilizia non può comportare aumento di sagoma e volume (art. 3 D.P.R. 380/2001), diversamente cessendo in presenza di nuova costruzione, come tale computabile ai fini della applicazione degli standard edilizi indicati dagli strumenti urbanistici locali, a loro volta, invece, disapplicati.

Distanze ex art. 9 D.M. 1444/1968: valgono anche per le luci, non solo per le finestre

Con sentenza breve  n. 4374 depositata il 2 dicembre 2010, il TAR Piemonte, sezione prima, ha statuito che la disposizione contenuta nelle NTA del Comune di Almese (Torino), nella parte in cui prescrive che “non s’intenderanno come pareti finestrate quelle in cui siano praticate esclusivamente luci (art. 901 c.c.)”, è illegittima per violazione dell'art. 9, comma 1, del D.M 02.04.1968 n. 1444, il quale, correttamente interpretato nei termini esposti in sentenza, non consente di escludere dal concetto di “pareti finestrate” le ipotesi in cui nella parere siano presenti esclusivamente “luci”.

La sentenza consolida l'orientamento dello stesso TAR Piemonte espresso con la sentenza n. 2565 del 2008.

La decisione n. 4374/2010 é disponibile sul sito del TAR Piemonte a questo indirizzo.

Permesso di costruire e regime delle distanze: il Consiglio di Stato consolida il proprio orientamento

Con sentenza 2 novembre 2010, n. 7731, la sezione quarta del Consiglio di Stato ha ribadito la propria posizione circa l'applicazione del d.m. 1444/1968 (articolo 9) in materia di distanze, ulteriormente pronunciandosi anche in materia di altezze ex D.M. e di sottotetti.

L'elemento fattuale a fondamento della decisione dei giudici di Palazzo Spada era quello di un muro di contenimento dell'altezza di un metro e mezzo circa e della lunghezza di circa trenta metri, rispetto al piano di campagna, del quale si contestava la mancata considerazione ai fini delle distanze di un edificio confinante. Riconosciuta la natura di costruzione al muro in questione, il Consiglio di Stato ha dichiarato fondato il motivo di appello con il quale si lamentava "la violazione dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 e in ogni caso la violazione del limite delle distanze, perché l’assentimento sarebbe inferiore ai previsti metri dieci, calcolandolo dalle pareti finestrate di entrambi gli edifici". Fermo il principio generale, la decisione puntualizza che la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall'art. 9, D.M. n. 1444 del 1968, va calcolata:
  • con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano;
  • a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela;
  • avendo riguardo a tutti gli elementi costruttivi, anche accessori, qualunque ne sia la funzione, aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione.

Distanze tra fabbricati: é usucapibile il diritto a mantenere le costruzioni a distanza inferiore a quella di legge.

Su indicazione dello Studio legale Carrara e Luzzi di Sondrio, segnaliamo una interessante sentenza della Corte di Cassazione in materia di distanze tra fabbricati. Afferma la Corte che, ferma la distinzione dei caratteri tra potere privato e potere pubblico, deve ritenersi ammissibile l'acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali. Non sono di ostacolo a questa concezione - afferma la Corte - le possibili frodi prospettate dalla giurisprudenza. Si tratta, infatti:
di un inconveniente (dipendente comunque da un congegno macchinoso e precario) che non giustifica un inquadramento incoerente dei principi vigenti sui modi di acquisto dei diritti reali e sulla disciplina dei limiti legali della proprieta. Tantomeno questo inconveniente vale a giustificare la illogica dicotomia tra tutela delle distanze di fonte codicistica e di fonte regolamentare. Non sarebbero neppure configurabili le temibili diseconomie esterne (conseguenze negative sul piano della salute e delllambiente) che gli studiosi di analisi economica del diritto rinvengono nella deroga pattizia alle distanze. Altro è infatti incidere sui poteri pubblici, o consentire una generalizzata derogabilità, il che può cagionare effetti lesivi permanenti delltinteresse generale tutelato; altro è ammettere che operi il fenomeno delllusucapione. Esso vale soltanto a riportare il meccanismo di contemperamento dei diritti soggettivi nelllalveo ordinario previsto dal legislatore, escludendo la sussistenza, nel circoscritto ambito della proprietà immobiliare, di diritti soggettivi a tutela rafforzata
La decisione è scaricabile in formato pdf a questo indirizzo:
Si ringrazia lo Studio Carrara e Luzzi per la collaborazione.
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