Violazioni edilizie: limiti all'accesso agli atti e dovere di preavviso per i sopralluoghi.

In materia di accertamenti delle violazioni urbanistico edilizie, il Consiglio di Stato ha chiarito due aspetti fondamentali: il diniego dell'accesso agli atti è legittimo solo nel caso di atti assunti dalla Polizia Municipale in quanto atti di Polizia Giudiziaria e la non necessità di preavvisare il privato per l'esecuzione di sopralluoghi di accertamento.

Il primo aspetto esaminato dalla VI sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 547 del 27/11/2012, depositata il 29/01/2013, riguarda l'accesso agli atti nel caso in cui vi siano accertamenti della Polizia Municipale correlati ad attività edilizia.

In tal senso, i Giudici di Palazzo Spada hanno chiarito che il diniego, all'accesso agli atti, deve essere giustificato tenendo conto della tipologia degli atti, del soggetto che li ha assunti e dalla funzione svolta, dal medesimo soggetto, nel momento in cui ha assunto gli atti. In particolare, nel generale ambito degli atti finalizzati all'accertamento ed alla repressione delle violazioni edilizie vi sono atti che:
  1. sono stati delegati dall'Autorità Giudiziaria;
  2. coincidono con le notitiae criminis poste in essere dagli organi comunali nell’esercizio di funzioni di Polizia Giudiziaria ad essi specificamente attribuite dall'ordinamento; 
  3. consistono in indagini e accertamenti, non compiuti nell’esercizio di funzioni di Polizia Giudiziaria bensì nell'esercizio delle proprie istituzionali funzioni amministrative di Polizia Municipale.

Mentre è legittimo negare l'accesso per le tipologie di atti di cui al punto a) e b), l’accesso agli atti non può essere limitato per le tipologie di atti rientranti al punto c). Al riguardo, i Giudici, hanno confermato e richiamato il principio secondo cui non ogni denuncia di reato presentata dalla pubblica amministrazione all'Autorità Giudiziaria costituisce atto coperto da segreto istruttorio penale e come tale sottratta all'accesso, in quanto, se la denuncia è presentata dalla pubblica amministrazione nell'esercizio delle proprie istituzionali funzioni amministrative, non si ricade nell'ambito di applicazione dell'art. 329, c.p.p. (obbligo del segreto); tuttavia se la pubblica amministrazione che trasmette, all'Autorità Giudiziaria, una notizia di reato non lo fa nell'esercizio della propria istituzionale attività amministrativa, ma nell'esercizio di funzioni di Polizia Giudiziaria specificamente attribuite dall'ordinamento, ci troviamo, in presenza di atti di indagine compiuti dalla Polizia Giudiziaria e che, come tali, soggetti al segreto istruttorio ai sensi dell'art. 329 c.p.p., oltreché, conseguentemente, ad essere sottratti all'accesso agli atti ai sensi dell'art. 24, della L. n. 241 del 1990 e ss.mm.ii.. In tal senso viene anche richiamata una precedente pronuncia del Consiglio Stato del 9 dicembre 2008, n. 6117, sempre della medesima sezione VI. Il secondo aspetto esaminato dai Giudici di Palazzo Spada, con la sentenza in commento, riguarda invece il dovere da parte dell'Ente locale di preavvisare il privato circa il sopralluogo di accertamento.

Nel caso in specie l’appellante sosteneva che l’accesso sui luoghi privati poteva aver luogo solo previo avviso di avvio di un procedimento sanzionatorio. In tal senso i Giudici d’appello precisano che, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del testo unico sull’edilizia (approvato con il D.P.R. n. 380 del 2001), “il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi”.

Pertanto, il dirigente o il responsabile dell’ufficio può disporre anche ad horas, informalmente e “a sorpresa” l’accesso ai luoghi per verificare: se sussista un illecito edilizio (avente o meno rilevanza penale); se vada emesso un ordine di sospensione dei lavori o se vada avviato un procedimento per l’emanazione di un atto di ritiro di un precedente atto abilitativo, ed in tal senso solo in quest’ultimo caso è configurabile l’obbligo di trasmettere un formale avviso al privato come disciplinato dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990 e ss.mm.ii..

La sentenza del Cons. di Stato, sez. VI, n. 547 del 27/11/2012, depositata il 29/01/2013 è reperibile al seguente indirizzo web: http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio%20di%20Stato/Sezione%206/2012/201206816/Provvedimenti/201300547_11.XML
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