Consumo di suolo: strumenti, principali iniziative legislative, ddl De Girolamo e impatto sulla legislazione lombarda

L'attenzione del legislatore al tema del consumo di suolo nasce da una supplenza del diritto urbanistico a quello ambientale. L'attualità del tema si giustifica con una sensibilità diffusa ai temi ambientali e ai beni comuni. La risposta del legislatore regionale della Lombardia, depotenziata a seguito della novella del 2017, rischia di entrare in conflitto con l'iniziativa del legislatore nazionale. Il ddl De Girolamo, la cui struttura è identica a quella della l.r. 31/2014, mostra i difetti di un approccio al tema di stampo superato. Una corretta riflessione dovrebbe superare l'ambito squisitamente urbanistico e ambientale per giungere ad una rivisitazione del concetto di proprietà, i cui limiti sono dettati dalla funzione sociale delle stessa (art. 42 Cost.).

Contenimento del consumo di suolo, come risorsa non rinnovabile e bene comune
POF 20.10.2017 Camera dell'Insubria, Como
Avv. Prof. Emanuele Boscolo / avv. Lorenzo Spallino

Intervento avv. Lorenzo Spallino: strumenti, principali iniziative legislative, ddl De Girolamo e impatto sulla legislazione lombarda

Testo intervento:



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Diniego di autorizzazione paesaggistica: si impugna il provvedimento finale in uno con il parere e il contributo unificato è uno solo.

Il Consiglio di Stato specifica che, nel caso di rigetto di domanda volta ad ottenere il rilascio di autorizzazione paesaggistica, non vi è obbligo di impugnare autonomamente il parere della Soprintendenza. Questi va invece impugnato in uno con il provvedimento definitivo dell'ente locale titolare della delega, versando un solo contributo unificato.

Con sentenza n. 4369 del 18/09/2017, la sezione VI del Consiglio di Stato si è pronunciata in un ricorso finalizzato a contestare il parere paesaggistico negativo opposto in sede di rilascio di permesso di costruire, per l'esecuzione di opere di adeguamento funzionale e per la sistemazione esterna di un fabbricato.

Avverso l’atto della Soprintendenza l'interessata aveva proposto ricorso giurisdizionale innanzi al TAR Salerno, il quale con la sentenza n. 1575 del 16 settembre 2011, ha respinto tutte le questioni di merito, senza pronunciarsi su quelle procedimentali.

Ha appellato quindi l'interessata.

La Sezione rileva che, sulla base dei consolidati principi processuali da tempo affermati, è inammissibile il ricorso proposto contro un parere – ancorché esso sia vincolante – quando non sia impugnato anche l’atto conclusivo del procedimento e tale principio trova applicazione anche quando si tratti del procedimento disciplinato dall’art. 146 del codice approvato con il Dlg 42/2004 (Cons. St., VI, 18 luglio 2017, n. 3523, § 6).

Costituisce infatti ius singularis, non suscettibile di applicazione analogica, la disposizione che, in deroga al principio generale, preveda l’immediata impugnabilità di un parere, come previsto ad es. dall’art. 211, comma 1, del d.lg. n. 50 del 2016, come modificato dal d.lg. n. 56 del 2017 (Cons. St., VI, 12 settembre 2017, n. 4315, § 8.2.).

Il che a dire – nel caso di rigetto dell’istanza di autorizzazione paesaggistica – vi è l’onere di impugnare congiuntamente l’atto comunale conclusivo del procedimento e il parere negativo presupposto (con il versamento per una sola volta del contributo unificato), mentre non vi è l’onere di impugnare immediatamente il parere negativo e successivamente l’atto conclusivo del procedimento (il che comporterebbe, in ipotesi, il versamento per due volte del CU stesso).

La  sentenza 18/09/2017 n. 4369 della sezione VI del Consiglio di Stato è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.

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