Recinzione del fondo: è possibile vietarne la costruzione solo in presenza di preminenti interessi pubblici

Con sentenza 12 luglio 2019 n. 175, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle norme che vietano ogni forma di recinzione del fondo in zone agricole, poiché in contrasto con la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (ex art. 117, co. 2 lett. l), Cost.).

Con ordinanza dell’8 ottobre 2018, iscritta al n. 14 del registro ordinanze 2019, il Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42, 97, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 89, comma 2, ultimo periodo, della legge della Regione Umbria 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico governo del territorio e materie correlate), nella parte in cui vieta, nelle zone agricole, ogni forma di recinzione dei terreni.
Nelle  zone agricole è esclusa ogni forma di recinzione  dei terreni o interruzione di strade di uso pubblico se non espressamente previste dalla legislazione  di settore o per motivi di sicurezza, nonché a  protezione di attrezzature o impianti per animali.
La rimessione ha origine dalla richiesta di annullamento dell’ordinanza del Comune di Orvieto, che ha disposto la demolizione di una recinzione elettrificata realizzata a difesa dalla fauna selvatica in violazione dell’art. 89, comma 2, della legge reg. Umbria n. 1 del 2015, normativa che il giudice a quo assume
non consenta la realizzazione di recinzioni come quella installata dalla società ricorrente, che non si configura come opera temporanea, si estende per circa tre chilometri ed è formata in modo tale da permettere «il normale passaggio di animali di piccole e medie dimensioni, fatta eccezione per gli ungulati»
nonostante tale attività
sia riconducibile alle manifestazioni del diritto di proprietà.
La giurisprudenza amministrativa, già da molto tempo, ritiene pacifico che limitare la facoltà di apporre una recinzione al proprio fondo può avvenire per tramite delle norme urbanistiche soltanto in funzione di prioritari interessi pubblici (TAR Lombardia, sede di Brescia, I., 4 marzo 2015 n. 362; TAR Piemonte, II, 10 maggio 2012, n. 532).

La facoltà di chiudere il proprio fondo rientra nella manifestazione del diritto di proprietà ed è strumentale all’esercizio dello ius excludendi alios, il quale permette di conferire l’assetto più opportuno alle singole proprietà, pur sempre tenendo in considerazione le caratteristiche del manufatto e il suo impatto sul territorio (Cons. Stato, III, 4 luglio 2014, n. 3408; Cons. Stato, VI, 12 giugno 2019, n. 3932).

Partendo da questa consolidata giurisprudenza amministrativa, la Corte costituzionale giunge ad affermare che si possano sì vietare, in via generale, la costruzione di recinzioni del fondo in zone agricole, ma esclusivamente in presenza di superiori interessi pubblici.

Nello specifico, afferma la Corte:
nel vietare le recinzioni dei terreni agricoli che non siano espressamente previste dalla legislazione di settore o giustificate da motivi di sicurezza, il legislatore umbro ha travalicato i limiti della competenza concorrente in materia di governo del territorio, che riconosce la potestà regionale di dettare prescrizioni di dettaglio sugli interessi legati all’uso del territorio, in conformità con i principi fondamentali enunciati dalla legislazione statale
escludendo in via generale una facoltà che il codice civile considera, per contro, parte integrante del diritto di proprietà.

Da qui la violazione della competenza esclusiva statale sancita dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

La sentenza 12 luglio 2019 n. 175 della Corte costituzionale è disponibile a questo indirizzo.

Distanze tra edifici: qualcosa può cambiare.

E' stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 17 giugno 2019  la legge 14 giugno 2019, n. 55, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici.

L’art. 5 della legge di conversione del dl n. 32/2019, prevede che l’articolo 2-bis del Testo Unico dell'Edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) veda aggiunti i commi 1bis e 1ter dopo il comma 1.

Il nuovo articolo 2bis del TU dell'Edilizia (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati) è quindi così riscritto:
1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.
1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.
L’art. 5 della legge di conversione del dl n. 32/2019, prevede altresì:
"che le disposizioni di cui all’articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9", 
ossia alle zone C, per le quali è
"prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12".
Nella seduta del 17 giugno 2019 la Giunta regionale della Lombardia ha approvato una proposta di progetto di legge per la rigenerazione urbana e territoriale e il recupero del patrimonio edilizio.

La proposta, intitolata “Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonche’ per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali”, prevede all'art. 4, comma 1, lettera j), che all’articolo 103, comma 1 bis, siano aggiunte, in fine, le seguenti parole:
“e in ambiti oggetto di pianificazione unitaria con previsioni planivolumetriche comunque autorizzata.”,
al fine di prevedere  "l’estensione della possibilità di deroga alle distanze di cui al DM1444/68 a tutti gli ambiti oggetto di pianificazione unitaria con previsioni planivolumetriche (ad esempio i permessi di costruire convenzionati) e non solo ai piani attuativi" (cit. relazione).

Il che a significare che il nuovo testo dell'art. 103 (Disapplicazione di norme statali) della legge regionale n. 12/2005 potrebbe essere così riscritto:
1. [omissis]
1-bis. Ai fini dell’adeguamento, ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti, non si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), fatto salvo, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, il rispetto della distanza minima tra fabbricati pari a dieci metri, derogabile all’interno di piani attuativi e in ambiti oggetto di pianificazione unitaria con previsioni planivolumetriche comunque autorizzata.
1-ter. Ferme restando le distanze minime di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile, fuori dai centri storici e dai nuclei di antica formazione la distanza minima tra pareti finestrate, di cui al comma 1 bis, è derogabile per lo stretto necessario alla realizzazione di sistemi elevatori a pertinenza di fabbricati esistenti che non assolvano al requisito di accessibilità ai vari livelli di piano.
Copyright © www.studiospallino.it