Con deliberazione 17 dicembre 2015 la Sezione di regionale controllo per il Veneto ha rimesso alla Sezione delle autonomie una questione concernente la corretta applicazione della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010, a norma della quale:
“Ferme le 3 incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta”.La fattispecie è stata originata da una richiesta del Sindaco del Comune di San Vendemiano (TV), il quale, dopo aver premesso l’elencazione delle norme che regolano la nomina dei revisori dei conti del Comune, e sottolineato che il proprio revisore dei conti è Consigliere comunale in altro Ente, ha rivolto alla Sezione regionale di controllo per il Veneto i seguenti quesiti:
- se un revisore dei conti di un Comune, nominato successivamente sia alla entrata in vigore dell’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010, sia al nuovo sistema di nomina dell’organo di revisione degli enti locali, abbia diritto a percepire il compenso professionale ai sensi dell’art. 241 del TUEL nel caso in cui sia consigliere comunale in un comune di altra provincia ed abbia rinunciato al gettone di presenza come consigliere comunale;
- se la dicitura "qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni" debba ricomprendere anche gli incarichi legali, di difesa in giudizio e consulenza, e gli incarichi di progettazione.
La posizione del remittente era che una interpretazione estensiva che comprendesse gli incarichi legali (così come quelli tecnici del resto) alla disciplina dell’art. 5 del d.l. n. 78/2010, porterebbe
ad esiti del tutto inaccettabili e palesemente contrari al dettato costituzionale, non potendo ritenersi che, ove effettuato da un soggetto che riveste la qualifica di consigliere comunale, lo svolgimento dell’incarico in altro ente possa dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute o di eventuali gettoni di presenza di importo non superiore a 30 euro a seduta.
Ciò nonostante, la sezione ha ritenuto di non poter concordare con la motivaizone della Sezione remittente, in primo luogo perchè dalle proprie funzioni (art. 6, comma 4, del d.l. n. 174/2012),
esula qualsiasi giudizio concernente l’eventuale contrasto di una disposizione di legge con norme costituzionali
Di più, la norma andrebbe letta alla luce del principio secondo cui essa
non dispone un divieto di assunzione di ulteriori incarichi da parte dei titolari di cariche elettive, ma esclude la possibilità per costoro di percepire ulteriori emolumenti, facendo salvi i rimborsi spese e i gettoni di presenza per la partecipazione a sedute di organi. Il titolare della carica elettiva e le pubbliche amministrazioni, dunque, non possono non essere consapevoli della tendenziale gratuità dell’incarico conferito a tale soggetto dalle amministrazioni stesse
Le uniche eccezioni sono le fattispecie cui si riferisce la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 35, co. 2-bis del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 (convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35), ossia collegi dei revisori dei conti e sindacali e revisori dei conti.
In definitiva, afferma la Sezione, la locuzione “qualsiasi incarico conferito” contenuta nella norma de qua è da interpretarsi evitando di operare distinzioni non espressamente volute dal legislatore circa la natura dell’incarico medesimo e la circostanza che si tratti di un incarico di natura squisitamente tecnica non si ritiene idonea a mutare l’orientamento giurisprudenziale rigorosamente conforme alla lettera e alla ratio della disposizione normativa in oggetto.
Numerosi i profili di perplessità della decisione, sia sotto il profilo di corretta interpretazione della norma, sia sotto il profilo della validità costituzionale di una simile interpretazione che, come sottolinea il remittente, conduce "ad esiti del tutto inaccettabili e palesemente contrari al dettato costituzionale" (art. 41 Costituzione).