Parziali difformità ex art. 34 TUE: la soglia del 2% secondo il DL Sviluppo

Il DL Sviluppo, convertito con legge 106 del 2011, é intervenuto sull'articolo 34 del TU dell'Edilizia, escludendo dalla tipologia degli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo le
violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali. (comma 2-ter, introdotto dall'articolo 5, comma 2, lettera a), legge n. 106 del 2011)
Nel corso di un incontro di formazione a Milano in materia di distanze, i tecnici comunali presenti mi hanno rivolte le stesse domande che altri loro colleghi hanno segnalato al portale PTPL (www.ptpl.altervista.org). Ossia: la flessibilità del 2% è ammessa solo rispetto alle misure previste in progetto o anche rispetto ai parametri fissati dal piano urbanistico? cosa si intende per "singola unità immobiliare"? il 2% aggiuntivo é in deroga agli indici di piano, alla volumetria assentita col piano di recupero, alla volumetria prevista dagli ambiti di trasformazione? o, sommata a quanto concesso dal titolo abilitativo, vi deve restare compresa? idem dicasi per le altezze e le superfici coperte? il 2% va anche in deroga al DM 1444/68 per le distanze? se in corso d'opera il tecnico incaricato si "accorge" di essere in difformità, vuoi per una maggiore altezza che per maggiore volumetria rispetto al consentito ma comunque compresa all'interno del 2%, deve autodenunciarsi e dimostrare che rientra comunque all'interno del 2% consentitogli? attendere che il Comune gli faccia un avvio del procedimento? e che avvio del procedimento deve fargli l'UTC se comunque non si ha parziale difformità del titolo abilitativo?


In attesa di approfondire le varie problematiche in un articolo dedicato, può essere utile inquadrare la novella legislativa all'interno del sistema delineato dal Testo Unico dell'Edilizia (DPR 380/2001), il quale distingue, ai fini sanzionatori, gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, di cui all'art. 31, dagli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, disciplinati dall'art. 34.

Non sto a descrivere le sanzioni: basti ricordare che la regola é che per i primi é prescritta la demolizione, mentre per i secondi la legge prevede la demolizione, a meno che, non potendo avvenire la demolizione senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, debba essere applicata una sanzione pecuniaria.

Questa premessa è importante per interpretare - nel solco dei criteri ermeneutici dettati dall'art. 12 delle Preleggi - la modifica dell'art. 34 introdotta con il DL Sviluppo, nonché per applicarla.

Il criterio per distinguere gli interventi realizzati con variazioni essenziali rispetto al progetto approvato, da quelli realizzati con variazioni non essenziali e, quindi, in difformità solo parziale dal permesso di costruire, è dettato dall'art. 32 del TUE, con rinvio alle normative regionali di riferimento (in Regione Lombardia, l'articolo 54 della LR 12/2005).

Come l'articolo 32 contiene una esenzione dalla classificazione delle variazioni essenziali (art. 32, c. 2: "Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative": cfr. art. 54, c. 3, LR 12/2005), così l'articolo 34 contiene oggi, a sua volta, una esenzione dalla classificazione delle parziali difformità, per l'appunto il comma 2-ter.

Il che a significare che il legislatore nazionale, cui spetta dettare i principi fondamentali e generali dell'attività edilizia (art. 1 DPR 380/2001), ha ritenuto di non assoggettare a sanzione alcuna le variazioni al titolo comprese nella misura del 2% per altezza, distacchi, cubatura o superficie.

La scelta di intervenire nel titolo del TUE dedicato alle sanzioni (IV) invece che in quello dedicato ai titoli abilitativi  (II), manifesta l'intenzione del legislatore di voler sottrarre tali comportamenti da sanzioni e correlative regolarizzazioni, purché alle condizioni indicate nella disposizione.

Ossia:

a) che ci sia un titolo;
b) che la difformità rispetto al titolo sia contenuta nella misura percentuale del 2% per singola unità immobiliare.

Il che a significare:

aa) che in assenza di titolo non esiste una ^franchigia^ del 2%;
bb) che in presenza di variazioni rispetto al titolo superiori al 2% va colpita l'intera difformità, 2% compreso.

Preso atto che non siamo in presenza di interventi sanzionabili, la variazione all'interno della soglia del 2% se vieta all'A.C. l'irrogazione di sanzioni, impedisce di conseguenza al privato di accedere alle regolarizzazioni ex art. 36 così come, ovviamente, alla sanzione pecuniaria ex  art. 34.

Ma se non c'é sanzione, deve ritenersi che queste attività siano lecite tout court? La risposta è, a mio avviso, negativa.

Certo, sarebbe più semplice per tutti che la risposta fosse positiva, ma il sistema ha conosciuto e conosce tutt'ora casi in cui non si prevedono sanzioni per specifiche tipologie (si pensi, non molto tempo fa, ai mutamenti di destinazione d'uso senza opere). L'aver scelto di intervenire nel titolo del TUE dedicato alle sanzioni (IV) invece che in quello dedicato ai titoli abilitativi  (II), ha significato solo nell'ottica di voler sottrarre tali comportamenti da sanzioni e correlative regolarizzazioni, ma non di legittimarli ab origine.

Così, mentre l'interessato potrà, in corso d'opera, accedere alla variazione del titolo, resta il problema, dichiarata l'ultimazione dei lavori, di come potrà procedere - in sede notarile - a dichiarare la corrispondenza al titolo. Sul punto é possibile immaginare che o i notai accetteranno dichiarazioni unilaterali della parte oppure sarà necessaria una comunicazione all'A.C. nella quale l'interessato deposita, a fine lavori, le variazioni intervenute nella soglia del 2%, successivamente producendo tale dichiarazione in sede di rogito.
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