Distanze: le porte finestre non sono vedute e solo il proprietario frontista può contestare la violazione

Il Consiglio di Stato conferma che la regola del rispetto della distanza dei dieci metri, di cui all'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, deve intendersi riferita unicamente a pareti frontistanti munite di finestre qualificabili come vedute e non a quelle in cui sono collocate aperture che a norma dell'art. 901 ss. c.c. danno passaggio alla luce e all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino (cd. finestre lucifere).


Riformando T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, n. 641/2015, nella sentenza n. 5365/2015 la sezione IV del Consiglio di Stato ribadisce:

  • che l’art. 9 del D.M. n. 1444/1968, prescrive, per i nuovi edifici, ricadenti, come quello di che trattasi, in zone diverse dalla zona A, “la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”;
  • che condizione indispensabile per potersi applicare il regime garantistico della distanza minima dei dieci metri, è l’esistenza di due pareti che si contrappongono di cui almeno una finestrata (cfr. Cons. Stato, IV Sez., 31/3/2015 n. 1670, sulle modalità di calcolo delle distanze, si veda Cons. Stato, IV Sez., 11/6/2015 n. 2861);
  • che la regola del rispetto della distanza dei dieci metri, di cui all'art. 9 del D.M. n.1444/1968, si riferisce esclusivamente a pareti munite di finestre qualificabili come vedute e non ricomprende anche quelle su cui si aprono finestre cosiddette lucifere (Cons. Stato, Sez. IV, 4/9/2013 n. 4451 e 22/1/2013 n. 844; Cass. Civ., Sez. II, 30/4/2012 n. 6604). 

Nella fattispecie, la porta finestra dell’appellante non costituisce una veduta, come ha accertato l’impugnata sentenza, sul punto non fatta oggetto di censura, così che l’invocato art. 9 del D.M. n. 1444/1968, non risulta applicabile al caso di specie.

Quanto ad altre censure relative al fatto che fra la parete finestrata relativa all’avancorpo da realizzare al primo piano dell’edificio dei controinteressati e la parete antistante di un fabbricato appartenente a soggetti terzi non sussiste la distanza minima di 10 metri fissata dall’art. 9 cit., il Consiglio di Stato rileva che non è possibile lamentare la violazione di distanze che non ledono il ricorrente, in quanto assente l'interesse e quindi la legittimazione a dolersi della sua violazione.

La sentenza 26 novembre 2015 n. 5365 della sezione IV del Consiglio di Stato è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.
Copyright © www.studiospallino.it