Nella fattispecie la seconda classificata contestava il fatto che il progetto vincitore - finalizzato al recupero di un teatro storico acquisto da società di cui unico proprietario era il Comune di Sondrio - fosse in contrasto con il preliminare posto a base di gara e, in ogni caso, come le discordanze tra progetto vincitore e lavori realizzati fossero dovute a ovviare alle manchevolezze del progetto vincitore.
Esperite due consulenze, il TAR Lombardia ha quindi così riassunto le due posizioni:
- da un lato, secondo la difesa della società ricorrente, la disposizione dell'art. 53 citato "non lascerebbe spazio ad una interpretazione diversa da quella letterale, per cui la commissione giudicatrice non avrebbe potuto prescindere da una concreta verifica sul rispetto di ciascuna delle citate prescrizioni, diversamente vanificandosi il vincolo di conformità tra il progetto preliminare ed il progetto definitivo, la cui mancanza meriterebbe di essere sanzionata con l’annullamento della disposta aggiudicazione";
- dall'altro, la difesa dell’Amministrazione "ha invece sostenuto che l’applicazione della vista disposizione sarebbe da intendersi nel senso di preservare l’idea centrale del progetto guida, individuandosi il punto di non ritorno della difformità progettuale, in linea con la giurisprudenza dominante, nella realizzazione di un aliud pro alio o comunque di un’opera sensibilmente diversa da quella che la stazione appaltante avrebbe programmato".
Le posizioni, come è agevole comprendere, sono del tutto antitetiche. Nessuna modifica possibile secondo la prima, modifiche funzionali possibili, nello spirito del progetto posto a base di gara, la seconda.
Il TAR sposa la seconda posizione. E lo fa sulla base dei seguenti assunti:
- in primo luogo, occorre considerare che l’indetta procedura era un appalto integrato, come tale "caratterizzato da un forte credito della stazione appaltante nella capacità di progettazione dei concorrenti, finalizzata a sopperire alle possibili sopravvenienze tecniche, in qualche modo preventivate dall’Amministrazione nella relazione al progetto preliminare", ove si è dato atto delle problematiche derivanti da un organismo edilizio complesso, come le evenienze archeologiche in corso di realizzazione hanno comprovato;
- in secondo luogo, le disposizioni dei capitolati prestazionali non possono che applicarsi in modo coerente con il disciplinare di gara, che ha previsto l’attribuzione di una parte molto rilevante del punteggio massimo (ben 55/100) per le proposte migliorative in tema di impianti di sollevamento, di acustica, di risparmio energetico e contenimento dei costi di manutenzione, di impianto scenico e, infine, per garantire il miglior confort possibile, così che "è implicito ritenere che la migliorabilità di tali aspetti dovesse costituire una limitazione all’inderogabilità dell’applicazione delle disposizioni dei capitolati prestazionali. In caso contrario, infatti, sarebbe venuto meno l’obiettivo perseguito dall’Amministrazione con l’indizione di un appalto integrato, procedura, questa, preferita ad altre possibili opzioni, pure praticate nell’edilizia per lo spettacolo (mera esecuzione, progettazione esecutiva sulla base di progetto definitivo dell’Amministrazione aggiudicatrice, project financing).
In altri termini: "la possibilità di proporre variazioni migliorative non può che significare che il progetto proposto dalla stazione appaltante avrebbe potuto subire modifiche ed integrazioni successive (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 20 febbraio 2009, n. 1019)".
Sul punto la decisione potrebbe così essere massimata: sono legittime ed ammissibili le modifiche improntate al miglioramento del progetto posto a base di gara, beninteso nel rispetto del limite costituito dal divieto di snaturamento dell’essenza strutturale e prestazionale dell’opera.
La sentenza, tra i molti mezzi svolti, ne tratta poi alcuni di particolare interesse pratico: tra questi quelli relativi al fatto se la mancata certificazione da parte della competente Prefettura della attestazioni antimafia possa ritenersi ostativa alla stipula del contratto e quella relativa alla natura delle prescrizioni del Comando provinciale dei vigili del fuoco.
Sul primo punto la risposta è negativa (così anche Cons. Stato n. 1979/2003), mentre sul secondo il TAR ha tenuto a sottolineare che il D.M. 9.5.2007 ha recepito le “direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio”, introducendo nell’ordinamento di settore l’approccio c.d. prestazionale che, di fatto, ha determinato l’archiviazione dell’approccio di tipo prescrittivo, rintracciabile nelle disposizioni della regola tecnica del 1998, caratterizzato dall’individuazione di scenari d’incendio e dalla predeterminazione delle possibili conseguenze sulle persone e sulle strutture. Il che a dire, in buona sostanza, che "le prescrizioni del Comando provinciale dei vigili del fuoco possono essere agevolmente osservate in fase esecutiva, trattandosi di profili inidonei a determinare l’impossibilità di conseguire l’approvazione delle Amministrazioni competenti, né, tantomeno, a giustificare l’illegittimità della disposta aggiudicazione".
La sentenza 12 luglio 2012 n. 1973 del TAR Lombardia, sezione prima, è disponibile sul sito della Giustizia amministrativa a questo indirizzo.