la legittimazione ad “intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’ annullamento di atti illegittimi”, prevista dall’ art. 18 della legge n. 349/1986, spetta alla sola associazione ambientalistica nazionale - destinataria del decreto di individuazione di cui all’ art 13 della legge citata - e non alle sue strutture territoriali, le quali non possono ritenersi munite di autonoma legittimazione neppure per l'impugnazione di un provvedimento ad efficacia territorialmente limitata.Nemmeno un eventuale disposizione dello statuto dell’associazione o un accordo fra gli associati potrebbe portare a derogare lo speciale regime pubblicistico sulla legittimazione ad agire, che discende dall’art. 13 della legge n. 349/1986 e dal provvedimento ministeriale attuativo.
Di più: la carenza di legittimazione all’ impugnativa non può neppure "formare oggetto di sanatoria in virtù di successivo atto di ratifica.". Questa potrebbe infatti intervenire a convalida del difetto di rappresentanza organica della persona fisica che ha promosso la lite,
ma non al fine di conferire, sul piano sostanziale, la legittimazione alla contestazione dell’atto di rilievo ambientale ad ente che ne è privo, essendo la titolarità dell’ azione - nei limiti e per l’ oggetto individuato dall’ art. 18 comma quinto, della legge n. 349/1986 – riservata alle sole associazioni selezionate ai sensi dell’ art. 13 della legge medesima.La sentenza - che ha condannato Legambiente alla rifusione delle spese di giudizio - n. 1410/2010 é scaricabile dal sito del Consiglio di Stato a questo indirizzo.