TAR Lombardia: il diniego alla domanda di autorizzazione paesaggistica non può essere motivato con riferimento agli errori del passato

Se è vero che una situazione paesaggistica compromessa o seriamente incisa non giustifica ulteriori interventi dannosi per l’ambiente, è altrettanto vero che anche in presenza di un’edificazione diffusa un eventuale diniego paesaggistico deve illustrare "in modo esauriente i connotati dei luoghi e motivare una decisione sfavorevole".

Richiamando l'orientamento della stessa Sezione (TAR Lombardia, Brescia, 8/6/2018 n. 552, che a sua volta ha evocato il precedente 9/2/2016 n. 228), il TAR Brescia ha affermato che:
gli errori edificatori del passato non possono essere bilanciati mediante una sorta di compensazione intertemporale, bloccando tutte le innovazioni dello stato dei luoghi. Parimenti, non è possibile presumere che qualsiasi edificazione abbia un impatto negativo sul territorio, come se l’esistente trattenesse valori paesistici che sarebbero irrimediabilmente perduti per il solo fatto che vengano realizzate nuove opere. Ogni nuovo progetto deve invece essere valutato in concreto per stabilirne la compatibilità con il vincolo paesistico, utilizzando la prospettiva ideale di un osservatore che descrive uno scenario dove sono percepibili molti elementi connessi tra loro in modo coerente [...]. 
L’autorità che effettua la valutazione paesistica è infatti tenuta in primo luogo a graduare il proprio giudizio attraverso prescrizioni limitative o mitigative, stabilendo se, con differenti modalità costruttive o con una diversa scelta di materiali e colori, ovvero con schermature vegetali o interventi di ingegneria naturalistica, sia possibile diluire e confondere il significato delle nuove opere nella visione d’insieme. Un giudizio completamente negativo può essere espresso solo dopo aver scartato le ipotesi intermedie.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, 14 maggio 2019, n. 468, è disponibile sul sito della Giustizia amministrativa a questo indirizzo.
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