Condono edilizio 2003: conformità urbanistica e sopravvenuta acquisizione della qualifica di imprenditore agricolo

Con sentenza n. 1041 del 27 aprile 2015 il TAR Lombarda, Milano, sez. II, ribadisce l'interpretazione secondo cui il condono edilizio del 2003 (L. n. 326/2003) consente l'accoglimento delle istanze relative a manufatti posti su aree vincolate unicamente in presenza del requisito della conformità urbanistica. La sopravvenuta acquisizione della qualifica di imprenditore agricolo non vale a ottenere la conformità urbanistica dell'intervento abusivo.


In fattispecie relativa a lavori di ampliamento di un immobile preesistente in zona di vincolo idrogeologico E3, evidenziano i giudici milanesi che, come più volte sottolineato in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Napoli – Campania, sez. VII, 09/05/2014 n. 2589), l’art. 32 comma 27 lett. d), l. n. 326 del 2003 esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli, subordinando peraltro l’esclusione a due condizioni costituite:

  1. dal fatto che il vincolo sia stato istituito prima dell’esecuzione delle opere abusive; 
  2. dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

La sanatoria delle opere realizzate su aree vincolate è consentita solo in due ipotesi, previste disgiuntamente, costituite:

  1. dalla realizzazione delle opere abusive prima dell’imposizione dei vincoli;
  2. dal fatto che le opere oggetto di sanatoria, benché non assentite o difformi dal titolo abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. 

La novità sostanziale di tale previsione normativa è costituita dall’inserimento del requisito della conformità urbanistica all’interno della fattispecie del condono edilizio (che prescinde di norma da un simile requisito), così dando vita ad un meccanismo di sanatoria che si avvicina fortemente - sottolinea il TAR - all’istituto dell’accertamento di conformità previsto dall'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001.

Né è condivisibile la tesi del ricorrente secondo cui l’acquisizione successiva (alla presentazione della domanda di condono) della qualifica di imprenditore agricolo possa rendere l’intervento conforme agli strumenti urbanistici, vero che non trova spazio nell’ordinamento (connotato da una disciplina puntuale ed esauriente delle ipotesi di condono e sanatoria edilizia) la c.d. “sanatoria giurisprudenziale”.

La sentenza n. 1041 del 27 aprile 2015 del TAR Lombarda, Milano, sez. II, è disponibile di seguito.


N. 01041/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00012/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12 del 2010, proposto da:
[...]
contro
[...]
per l’annullamento:
- del provvedimento di diniego di condono edilizio prot. n. 6530 del 4.11.2009, comunicato a mezzo posta 1’11.11.2009, emesso dal Responsabile del Servizio Edilizia Privata, Urbanistica e Patrimonio del Comune di [...], con il quale è stata denegata la concessione in sanatoria relativa all’istanza di condono prot. n. 5768 del 10.12.2004, riguardante le opere eseguite, in Tipologia 1, sull’immobile a destinazione residenziale sito in località [...], censito al Catasto Fabbricati al foglio A/1 n. 702; - nonché di ogni altro atto preordinato, presupposto, conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di [...];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2015 il dott. Dario Simeoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I. Con ricorso depositato il 4 gennaio 2010, il ricorrente lamenta che, con il provvedimento impugnato (meglio descritto in epigrafe), il Comune di [...] ha respinto l’istanza di concessione in sanatoria richiesta (in data 10.12.2004), ai sensi del d.l. n. 269/2003 (convertito in l. n. 326/2003) per alcuni lavori di ampliamento di un immobile preesistente, sulla base dell’erroneo presupposto che le predette opere non sarebbero conformi alle normative urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e ricadrebbero in zona di vincolo idrogeologico E3. Argomentate le ragioni per cui tale provvedimento sarebbe illegittimo, ne chiede l’annullamento.
I.1. Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.
I.2. Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza. Di seguito le motivazioni.
II. Occorre preliminarmente riportare, sia pure in sintesi, i motivi di ricorso.
II.1. In primo luogo, l’istante si duole del fatto che l’atto impugnato sarebbe affetto da difetto di motivazione, ciò in quanto non sarebbe possibile comprendere sotto quale profilo le opere non sarebbero conformi alla normativa urbanistica vigente. Il Comune avrebbe ignorato il fatto che il vincolo idrogeologico non comporta inedificabilità assoluta, senza peraltro coinvolgere l’Autorità preposta alla cura e tutela di detto vincolo.
II.2. In ogni caso, le opere realizzate, contrariamente a quanto asserito dal Comune, sarebbero certamente condonabili in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Dette opere, infatti, insisterebbero su un’area cd. “Agricola Generica” E2 (con vincolo idrogeologico) all’interno della quale sarebbero consentite alcune opere (compatibili con quelle ivi realizzate) da parte di chi riveste la qualifica di imprenditore agricolo (si citano l’art. 25.2 del PRG, nonché le previsioni di cui all’art. 2 della L. Reg. Lombardia 7.6.1980 n. 93 e, ora, 59 e 60 della L. Reg. Lombardia 11.3.2005 n. 12). Qualifica di imprenditore agricolo (piccolo imprenditore coltivatore diretto) che il ricorrente avrebbe acquisito il 9 marzo 2005 (prot, n. 0500002541; C.F. e numero di iscrizione alla C.C.I.A.A. di Pavia: [...]).
III.3. Difatti, questo è il nucleo del ragionamento articolato dal ricorrente, la conformità andrebbe verificata avendo riguardo alla sola data di rilascio del provvedimento di condono, soprattutto nel caso di requisiti soggettivi che, seppur contenuti in disposizioni urbanistiche, sarebbero cosa ben diversa rispetto alle norme tecniche poste dalle leggi e/o dagli strumenti urbanistici ai quali fa riferimento l'art. 32.27, lett. d) cit.
III. Tanto premesso, reputa il Collegio che il ricorso non possa essere accolto, in quanto la condonabilità era effettivamente preclusa dall’art. 32 comma 27 lett. d) d.l. n. 269 del 2003.
III.1. Come più volte sottolineato in giurisprudenza (cfr. T.A.R. Napoli – Campania, sez. VII, 09/05/2014 n. 2589), l’art. 32 comma 27 lett. d), l. n. 326 del 2003 esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), subordinando peraltro l’esclusione a due condizioni costituite: a) dal fatto che il vincolo sia stato istituito prima dell’esecuzione delle opere abusive; b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Pertanto, la sanatoria delle opere realizzate su aree vincolate è consentita solo in due ipotesi, previste disgiuntamente, costituite: a) dalla realizzazione delle opere abusive prima dell’imposizione dei vincoli b) dal fatto che le opere oggetto di sanatoria, benché non assentite o difformi dal titolo abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. La novità sostanziale di tale previsione normativa è costituita dall’inserimento del requisito della conformità urbanistica all’interno della fattispecie del condono edilizio (che prescinde di norma da un simile requisito), così dando vita ad un meccanismo di sanatoria che si avvicina fortemente all’istituto dell’accertamento di conformità previsto dall'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001.
III.2. Orbene, nel caso di specie, mentre è pacifico tra le parti che le opere di ampliamento ricadevano in zona agricola con conseguente impossibilità di qualsiasi forma di ampliamento o nuova costruzione (tipologia 1) da parte di soggetti diversi dall’imprenditore agricolo, non è condivisibile la tesi del ricorrente secondo cui l’acquisizione successiva (alla presentazione della domanda di condono) della qualifica di imprenditore agricolo possa rendere l’intervento conforme agli strumenti urbanistici (in particolare, la domanda è del 10 dicembre 2004, mentre la qualifica di imprenditore agricolo è stata acquisita in data 9 marzo 2005). Difatti, non trova spazio nell’ordinamento (connotato da una disciplina puntuale ed esauriente delle ipotesi di condono e sanatoria edilizia) la c.d. “sanatoria giurisprudenziale”, che ricorrerebbe allorquando la conformità dell’opera abusiva sussista rispetto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento del rilascio del titolo sanante, ma non anche rispetto a quella del tempo in cui l’opera è stata realizzata. Difatti, predicarne l’operatività, consentendo la legittimazione postuma di opere originariamente e sostanzialmente abusive, significa tradire il principio di legalità, rinveniente dagli art. 24, 97, 101 e 113 cost., oltre che dall’art. 1 comma 1, l. n. 241 del 1990 (secondo cui “l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge”), sia in quanto svuoterebbe della sua portata precettiva, certa e vincolante la disciplina urbanistica e edilizia vigente al momento della commissione degli illeciti, sia in quanto, estendendosi l’ambito oggettivo del condono, se ne violerebbe la tipicità provvedimentale, ancorata dalla norma primaria che lo prevede (art. 32 cit.) alle sole violazioni di ordine formale. Si finirebbe per premiare gli autori degli abusi edilizi sostanziali, a discapito di tutti coloro che abbiano correttamente eseguito attività edificatorie, nel doveroso convincimento di rispettare prescrizioni da altri, invece, impunemente violate e risulterebbe attenuata, se non addirittura neutralizzata, la forza deterrente dell'apparato sanzionatorio posto a presidio della disciplina di governo del territorio (cfr. T.A.R. Napoli Campania, sez. VIII 03/07/2012 n. 3153, con argomenti che, sia pure con riguardo alla domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, sono riproducibili anche nel presente giudizio).
IV. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (sez. II), definitivamente pronunciando:
- rigetta il ricorso;
- condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’amministrazione resistente, che si liquidano in € 2.000,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giovanni Zucchini, Presidente FF
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario
Dario Simeoli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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