Corte costituzionale: sono illegittimi gli oneri richiesti agli Operatori per le attività tecniche ed amministrative

Con sentenza n. 47/2015 la Corte costituzionale ha ribadito  il proprio orientamento in tema di illegittimità costituzionale degli oneri richiesti agli Operatori.

La Corte costituzionale, con sentenza n.47 del 2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 della L.R. Piemonte n.19/2004 (“Nuova disciplina regionale sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), nella parte in cui prevede che, per gli impianti fissi per telecomunicazioni e radiodiffusione, i gestori o i proprietari degli impianti provvedono agli oneri derivanti dal compimento delle attività tecniche ed amministrative concernenti le istruttorie e i sopralluoghi necessari al rilascio delle autorizzazioni.


A seguito della sostituzione apportata dall’art. 68, c. 1, del D.Lgs. n.70/2012, all’art. 93 (Divieto di imporre altri oneri) del D.Lgs. n. 259/2003, in vigore dal 01/06/2012, il rivisto articolo prevede testualmente che:
1. Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge. 
2. Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale. Nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo, ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.
Ricalcando, di fondo, l’abrogato art.10 del D.Lgs. 198/2002, il citato art. 93, ha reso esplicito, nella specifica materia delle comunicazioni elettroniche, il divieto posto a livello generale dall'art. 23 della Costituzione, il quale si preoccupa di garantire che “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.

A tale proposito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 336/2005, aveva già avuto modo di sottolineare come l’art.93 sia “espressione di un principio fondamentale, in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni”. In mancanza di un tale principio, ogni Regione “potrebbe liberamente prevedere obblighi “pecuniari” a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto, di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti”. Per queste ragioni “finalità della norma è anche quella di “tutela della concorrenza”, di garanzia di parità di trattamento e di misure volte a non ostacolare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore. Nella sentenza in commento, la Consulta ricorda altresì come la natura di principio fondamentale dell’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche è stata più volte ribadita, tra l’altro con le sentenze n. 450/2006 e n. 272/2010, con le quali la medesima Corte ha pure dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme regionali dal contenuto analogo a quello del censurato art. 14.

Nella prima delle sentenze citate la Corte, in particolare, ha affermato che “La previsione […] di un potere della Giunta regionale di determinare la misura di oneri economici posti a carico degli operatori, in relazione all’attività di consulenza tecnica svolta dall’ARPA […] è suscettibile di determinare un trattamento discriminatorio e non uniforme tra gli operatori del settore, con conseguente violazione del principio fissato dal legislatore statale”. Con la sentenza n. 272/2010, la Consulta ha poi ribadito che la sentenza n. 450/2006 “... assume valore di precedente specifico, giacché anche le disposizioni allora dichiarate costituzionalmente illegittime riguardavano proprio le spese per l’attività di consulenza tecnica svolta dall’ARPA nell’ambito dei procedimenti ….”.

Alla stregua di tali considerazioni, la Corte ha pertanto ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 14 della L.R. Piemonte n. 19/2004, in riferimento all’art. 117, primo comma, lettera e), Cost.

A maggiore ragione, va evidenziato come è esclusa la possibilità per l'ente locale di imporre, per gli impianti di reti o per l'esercizio di servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge, se tali oneri vengono surrettiziamente inseriti nel titolo abilitativo stesso. Le norme di settore prevedono, come noto, un procedimento autorizzatorio per gli impianti in questione come soggetto ad una disciplina speciale ed autonoma, sicché i Comuni nell'esercizio dei poteri di pianificazione possono intervenire sul procedimento autorizzatorio solo nel senso di una sua maggiore semplificazione.

La sentenza della Corte costituzionale n.47 del 2015, depositata il 26 marzo 2015, è disponibile sul sito della Corte costituzionale attraverso la pagina dedicata alla ricerca delle pronunce: http://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia.do
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