Diversamente, poiché il decorso del termine in esame pone fine al procedimento amministrativo diretto all’eventuale adozione dell’atto di divieto, il silenzio in questione "produce l’effetto giuridico di precludere all’amministrazione l’esercizio del potere inibitorio a seguito dell’infruttuoso decorso del termine perentorio all’uopo sancito dalla legge", integrando "l’esercizio del potere amministrativo attraverso l’adozione di un provvedimento tacito negativo equiparato dalla legge ad un, sia pure non necessario, atto espresso di diniego dell’adozione del provvedimento inibitorio" (cd. silenzio negativo).
Appurato che la denuncia di inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, "ma costituisce un atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge", la Plenaria esclude la legittimazione dogmatica degli orientamenti che variamente sostengono a) che detto silenzio-rifiuto (o inadempimento) si configuri con riferimento all’esercizio del doveroso potere inibitorio, b) che il terzo, decorso senza esito il termine per l'esercizio del potere inibitorio, sia legittimato a richiedere all'Amministrazione l’adozione dei provvedimenti di "autotutela", attivando, in caso di inerzia, il rimedio di cui alle richiamate norme del codice del processo amministrativo, c) che si sia di fronte al silenzio-rifiuto maturato in ordine all’esplicazione del potere sanzionatorio di cui all’art. 21 della legge n. 241/1990.
La Plenaria ritiene dunque che si sia in presenza di provvedimento significativo (provvedimento tacito), che come tale produce "precise conseguenze in merito alle tecniche di tutela praticabili del terzo controinteressato all’esercizio dell’attività denunciata" in termini di:
- tutela del terzo "affidata primariamente all’esperimento di un’azione impugnatoria, ex art. 29 del codice del processo amministrativo, da proporre nell’ordinario termine decadenziale";
- computo del dies a quo del ricorso per annullamento solo dal momento della piena conoscenza dell’adozione dell’atto lesivo (cfr. art. 41, comma 2, del codice), trovando a tal fine applicazione i principi interpretativi consolidati, elaborati in materia di impugnazione di provvedimenti in materia edilizia e urbanistica che individuano la decorrenza del termine decadenziale, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, non con il mero inizio dei lavori, bensì con il loro completamento;
- inammissibilità della domanda tesa ad una pronuncia che imponga l'adozione del provvedimento satisfattorio "se non accompagnata dalla rituale e contestuale proposizione della domanda di annullamento del provvedimento negativo (o del rimedio avverso il silenzio ex art. 31)";
- legittimazione del terzo all’esercizio dell’azione di condanna pubblicistica (cd. azione di adempimento) tesa ad ottenere una pronuncia che imponga all’amministrazione l’adozione del negato provvedimento inibitorio solo "ove non vi siano spazi per la regolarizzazione della denuncia ai sensi del comma 3 dell’art. 19 della legge n. 241/1990", da valutarsi alla luce del petitum sostanziale contenuto nel ricorso;
- possibilità per il terzo di esperire un’azione di accertamento volta ad evitare gli effetti lesivi derivanti dall’esercizio dell’attività nel limitato arco di tempo compreso tra il deposito della DIA e la scadenza del termine assegnato alla p.a. per intervenire, nonostante l'art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo faccia divieto al giudice di pronunciare su “poteri non ancora esercitati”. In tal caso, infatti, l’azione di accertamento, una volta maturato il termine per la definizione del procedimento amministrativo, si converte "automaticamente in domanda di impugnazione del provvedimento sopravvenuto in quanto la portata sostanziale del ricorso iniziale finisce per investire in pieno, sul piano del petitum sostanziale e della causa petendi, la decisione della pubblica amministrazione di non adottare il provvedimento inibitorio";
- impossibilità per il giudice, fino al termine di conclusione del procedimento, di adottare una pronuncia di merito ma possibilità di assumere misure cautelari ante causam, al fine di assicurare gli effetti della sentenza di merito, in presenza dei presupposti fissati dall’art. 61 del codice del processo amministrativo.
Quanto esposto non si vede perché non dovrebbe valere anche per la SCIA, che l'Adunanza legge come una "ulteriore evoluzione dell’ordinamento", che pur consentendo l’immediato inizio dell’attività oggetto dell’informativa fa salvo il potere dell’amministrazione di vietare, nei termini di legge, "l’esercizio dell’attività in assenza delle condizioni di legge, nonché il potere di autotutela esercitabile in caso di decorso infruttuoso di tale termine e dei poteri sanzionatori e di vigilanza di cui al rammentato art. 21".
La sentenza 29 luglio 2011 n. 15 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato é disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.
V. anche DIA: il Consiglio di Stato rimette all'Adunanza Plenaria la decisione sulla natura, avvertendo che quello che vale per la DIA potrebbe valere anche per la SCIA.