Mentre si attendono le mosse, a brevissimo, della Regione Lombardia, é ovvio lo sconcerto non solo tra gli operatori, ma soprattutto tra le amministrazioni che si stanno preparando ad approvare i PGT adottati sulla scorta di una VAS redatta secondo le indicazioni della stessa Regione in tema. A prescindere da analisi più approfondite, va detto che la sentenza fissa anzitutto un punto sino ad oggi trattato con sufficienza dalle amministrazioni locali, che hanno guardato alla VAS come l'ennesima, rigidissima, normativa di settore, i cui costi ricadono unicamente sulle spalle degli enti chiamati ad applicarla: ossia che il procedimento di VAS si pone in un piano dialettico e concorrente rispetto al procedimento di PGT, verso cui vanta - in ragione delle tematiche ambientali trattate - una supremazia di impianto. Il secondo punto sono le conseguenze di una simile impostazione: ossia che una VAS illegittima rende illegittimo anche il PGT. Su questo la decisione del TAR Milano può essere apprezzata o meno, ma quantomeno sposa una linea chiara. Quello che stupisce é invece l'applicazione alla fattispecie dei principi generali in materia di interesse a ricorrere, che proprio il TAR Lombardia ci ha abituati a soppesare con particolare attenzione in materia sia edilizia che urbanistica. Se il principio generale é che l'impugnazione delle previsioni e delle prescrizioni di un piano urbanistico può provenire solo da soggetti aventi uno specifico interesse, che non é sufficiente la mera qualità di residenti nel comune e che qualora non sia dimostrato che dall'accoglimento delle censure dedotte i ricorrenti possano possano trarre un'effettiva utilità, ciò "esclude che il vizio da cui siano asseritamente affette le previsioni e le prescrizioni del piano possa comportare l'annullamento dell'intero strumento urbanistico" (T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 6 ottobre 2008, n. 1815), come é possibile che la nomina di un soggetto che solo astrattamente ed in via teorica si ritiene non possa godere di quella autonomia di valutazione che la VAS richiede, infici VAS e, quindi, Piano, senza che il ricorrente sia chiamato a dimostrare in che misura tale imparzialità a) si sia concretamente conclamata, b) lo abbia danneggiato a favore di altri? Questo é il punto che, ad un primo e certamente non esaustivo esame, colpisce e su cui sarà necessario un confronto, soprattutto alla luce delle puntuali considerazioni in materia di limiti e presupposti dell'impugnazione di valutazioni ambientali contenute nelle recenti decisioni
- del T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 20 aprile 2010, n. 2043 (La valutazione ambientale strategica (VAS) di cui alla Direttiva 42/2001CE del Parlamento europeo, richiamata dall'art. 47 della legge della Regione Campania n. 16 del 2004, è volta a garantire che gli effetti sull'ambiente di determinati piani e programmi siano considerati durante l'elaborazione e prima dell'adozione degli stessi, così da anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilità ambientale che, se effettuata Sulle singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere un'effettiva valutazione comparativa, mancando in concreto la possibilità di disporre di soluzioni alternative per la localizzazione degli insediamenti e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, le modalità di utilizzazione del territorio; considerate le indicate finalità della VAS non si deve ritenere che possa vantare un interesse giuridicamente rilevante a contestare l'eventuale carenza della VAS nel procedimento di approvazione della variante urbanistica impugnata, colui il quale ricorre per ottenere una destinazione non più agricola del fondo di sua proprietà);
- del Consiglio di Stato, sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1134 (In quel caso il provvedimento di VIA impugnato era stato censurato con specifico riferimento all'assenza di idonea istruttoria con riferimento all'impatto conseguente alla realizzazione dell'impianto autorizzato con riguardo ai fondi e alle attività dei ricorrenti: ma ciò non aveva esonerato il Consiglio di Stato dal verificare approfonditamente quale fosse la situazione di stabile e significativo collegamento dei ricorrenti rispetto all'area interessata dall'impianto e in che misura la VIA avesse, o meno, valutato l'incidenza dell'impianto sulle realtà esistenti. Nulla di tutto ciò é dato leggere nella sentenza in questione).
LINK: sentenza TAR Lombardia, Milano, sez. II, n. 1526 del 17 maggio 2010