D.L. 112/2008: dichiarato incostituzionale il secondo comma dell'articolo 58.

All'indomani dell'emanazione del decreto-legge 112/08 (convertito dalla legge n° 133, 6 agosto 2008), avevamo affacciato la possibile illegittimità costituzionale del comma secondo, dove l'inserimento degli immobili nel Piano delle Alienazioni non solo "ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica", ma soprattutto costituisce variante allo strumento urbanistico generale che "non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di competenza delle Province e delle Regioni" (In questo sito: D.L. 112/2008: possibili profili di illegittimità costituzionale dell'articolo 58, secondo comma).


Il legislatore aveva tentato di porre rimedio al problema in sede di conversione, inserendo al comma 2 la previsione relativa ad una sorta di ^verifica di conformità^ nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente.

Ma era evidente, come scrivevamo, che
il riparto delle competenze tra Stato e enti locali in materia di pianificazione urbanistica viene, ovviamente, scardinato, mentre la norma ha il sapore di palese violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Enti locali nella misura in cui è frutto del solo esecutivo.
Come segnalatoci dal collega Mario Viviani, con sentenza n. 340 del 16 dicembre 2009 la Corte Costituzionale, decidendo sui ricorsi n. 68, 69, 70 e 74/2008 delle Regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'articolo 58, per contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., esclusa la proposizione iniziale: «L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica».

Afferma la Corte:
Ai sensi dell’art. 117, terzo comma, ultimo periodo, Cost., in tali materie lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio. La relazione tra normativa di principio e normativa di dettaglio va intesa nel senso che alla prima spetta prescrivere criteri ed obiettivi, essendo riservata alla seconda l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi (ex plurimis: sentenze nn. 237 e 200 del 2009).Orbene la norma in esame, stabilendo l’effetto di variante sopra indicato ed escludendo che la variante stessa debba essere sottoposta a verifiche di conformità, con l’eccezione dei casi previsti nell’ultima parte della disposizione (la quale pure contempla percentuali volumetriche e termini specifici), introduce una disciplina che non è finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi, ma si risolve in una normativa dettagliata che non lascia spazi d’intervento al legislatore regionale, ponendosi così in contrasto con il menzionato parametro costituzionale (sentenza n. 401 del 2007).
Da qui la censura: restano gli interrogativi legati alla sorte delle eventuali alienazioni nel frattempo intervenute.

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